Uno dei rituali che siamo abituati a compiere con una cadenza regolare è la spesa al supermercato. C’è chi va la sera in un giorno infrasettimanale, chi preferisce il sabato, altri solo all’occorrenza. A casa mia è mia moglie che si occupa di organizzarla, dalla definizione della lista, al controllo delle offerte, alla scelta del supermercato, alla selezione dei prodotti sullo scaffale, al pagamento in cassa e alla sistemazione degli acquisti nella dispensa di casa. In fin dei conti le donne sono dei Program Manager eccezionali, in grado di gestire tutto il ciclo di una attività, senza tralasciare niente! Quando mi trovo al supermercato con lei, non mi vergogno a dire che il mio compito si riduce a quello di spingere il carrello! Però questo mi lascia il tempo di osservarmi intorno alla ricerca di qualcosa che possa catturare la mia attenzione e curiosità. Ce n’è uno in particolare che mi affascina, lo specchio convesso, come quelli presente in figura 1.

Figura 1 – esempi di specchi convessi (credit: http://www.didatticarte.it/)

Un oggetto inusuale e a tratti misterioso, che ha la capacità di deformare le immagini e di convogliare verso l’osservatore uno spazio ampissimo rispetto a quello che sarebbe in grado di fare uno specchio piano. Ha una funzionalità soprattutto pratica, permette di allargare il campo di visione e, se installata in un negozio, di controllare e gestire facilmente furti o situazioni impreviste.

L’uso degli specchi convessi è vastissimo, per le strade ne troviamo come segnaletica verticale per visualizzare gli angoli ciechi, oppure sono usati spesso come oggetti di arredamento. Anche il mondo dell’arte ne è rimasta affascinata, personalmente il mio pensiero corre all’opera pittorica “La Conversione della Maddalena” di Caravaggio, dove il Maestro utilizza uno specchio convesso per mostrare al pubblico il punto di ingresso della luce che illumina Marta e Maddalena, rendendo la luce stessa la vera protagonista della scena.

Figura 2 – “Marta e Maria Maddalena”, olio su tela, Caravaggio

Questa divagazione ci porta al tema di questo articolo, le obbligazioni. Chi ha già letto dei miei articoli si sarà abituato che tendo a ricollegare esperienze della vita quotidiana al mondo finanziario, veicolato dalle discipline matematiche e ingegneristiche che mi sono proprie. Non stupitevi che riesca a trovare punti in comune tra uno specchio e un titolo di credito! La formula che determina il prezzo di una obbligazione ha una forma che i matematici definiscono convessa: come uno specchio convesso può aumentare il campo visivo, una obbligazione è in grado di amplificare gli effetti delle sue variabili sulle variazioni di prezzo.

Una significato grafico per la funzione convessa è presentato in figura 3. Con una linea rossa vediamo una curva che divide il piano in due parti, una inferiore alla curva ed una superiore. Se prendiamo due punti della curva a nostra scelta e li uniamo con una linea retta, il segmento che otteniamo si troverà sempre nel semipiano superiore.

Figura 3 – esempio di curva convessa

Fino a qui non c’è nulla di eccezionale nelle funzioni convesse, però la figura 4 introduce una proprietà che interessa in modo particolare le obbligazioni. Per prima cosa, scegliamo un punto x0 e, tramite uno spostamento prima verticale e poi in orizzontale (linea verde), determiniamo il valore y0 della funzione convessa. Se ora prendo altri due valori x1 e x2 equidistanti da x0, e andiamo a trovare i relativi valori y1 e y2, ci possiamo accorgere che la distanza di y1 da y0 è nettamente maggiore della distanza tra y2 e y0. Questa caratteristica può essere interpretata come una distorsione: due stesse variazioni di x, in direzioni diverse, portano a diverse distanze sull’asse y.

Figura 4 – effetto di distorsione

È arrivato il momento di mostrare qual è la funzione convessa che regola il prezzo di una obbligazione e di come la proprietà di distorsione ne determini la sua natura.

Il prezzo di una obbligazione

Forse il più grande vantaggio di una obbligazione, come strumento di investimento, è che il suo futuro è chiaro: a meno di eventi estremi come default dell’emittente o di ristrutturazioni del debito, una obbligazione permette di pianificare in modo chiaro e preciso l’investimento. Non sono dettagli da poco, pensate a due persone che nello stesso momento decidono di investire una stessa somma di denaro nella stessa azienda, il primo opta per l’acquisto di una obbligazione emessa da questa azienda mentre il secondo decide di comprare quote azionarie. L’investitore che ha preso l’obbligazione sa con precisione quali saranno i flussi di cassa e il valore a scadenza, l’altro investitore invece compie un salto nel buio, i dividendi sono decisi di volta in volta e il valore dell’azione è determinato senza soluzione di continuità dal mercato.

Definiamo un modello che avrà le seguenti ipotesi semplificative:

  • Il prezzo di rimborso è uguale al suo valore nominale;
  • La cedola è fissa ed emessa annualmente;
  • La quotazione dell’obbligazione è in euro e non dipende da valute estere (no rischio cambio);
  • Il valore nominale dell’obbligazione è di 1000€;
  • L’obbligazione arriva a scadenza senza rimborsi anticipati o eventi di default;

Queste ipotesi non vanno a inficiare sulla qualità del modello ma aiutano nella chiarezza espositiva e nella comprensione del modello. Vediamo la formula del prezzo delle obbligazioni in tutta la sua eleganza, andando poi ad analizzarla e a interpretarla:

Gli ovali colorati ci aiutano ad individuare le sue 4 variabili:

  • Il valore nominale F dell’obbligazione corrisponde quasi sempre con il prezzo di rimborso dell’obbligazione, pertanto nella formula lo troviamo in rapporto diretto con il prezzo.
  • Il valore della cedola C influisce proporzionalmente sul prezzo, maggiore è il suo valore e maggiore sarà il prezzo dell’obbligazione. La presenza della sommatoria non ci deve spaventare, ci ricorda che tutte le cedole da qui alla scadenza vanno sommate tra loro per determinare il prezzo.
  • Al denominatore troviamo forse il termine più interessante, il rendimento r che il mercato si attende di avere dalla nostra obbligazione.
  • Il numero n degli anni alla scadenza dell’obbligazione ha una doppia valenza, al denominatore modifica gli effetti del rendimento atteso r mentre nella sommatoria determina il flusso totale delle cedole fino alla scadenza.

Una interpretazione più attenta di questi termini ci conduce a notare degli aspetti importanti della formula:

  • Il valore nominale F e il valore della cedola C sono dei termini endogeni, cioè hanno una origine interna all’obbligazione e in un certo modo rappresentano la sua struttura, sono entrambi al numeratore e pertanto maggiore è il loro valore e maggiore sarà il prezzo dell’obbligazione. Nell’ambito delle nostre ipotesi, il loro valore è fisso ed è deciso dall’emittente alla nascita dell’obbligazione.
  • Il rendimento atteso r è il termine esogeno all’obbligazione, nel senso che ha una origine esterna e che non c’è modo di controllare. Il grado di solvibilità dell’emittente, i tassi di riferimento della banca centrale di riferimento, l’aspettativa del mercato nei confronti della nostra obbligazione, ecc… tutto questo è inserito dentro la variabile r. La sua presenza al denominatore ha un effetto inverso sul prezzo, per avere un rendimento alto il prezzo deve essere necessariamente basso.

Come investitori, possiamo conoscere in qualsiasi momento della vita dell’obbligazione il suo valore nominale F e la sua cedola C, ma sul rendimento atteso r possiamo fare solo delle speculazioni.

La sommatoria è un operatore matematico importante ma poco versatile da un punto di vista pratico, per chi volesse maneggiare una formula che sia più utile nei calcoli, può utilizzare la seguente formula:

Rispetto alla precedente, i suoi termini sono meno intuitivi da interpretare e bisogna ricordare che nel caso di r = 0%, il primo termine diventa nullo.

Prezzi al variare del tempo

Penso che la maggior parte di noi investitori abbia visto e conosca la differenza di volatilità che può avere una obbligazione a scadenza breve da una a scadenza lunga. Obbligazioni con poco tempo residuo sono resilienti alle variazioni del rendimento atteso e il loro prezzo si mantiene tendenzialmente stabile, mentre obbligazioni che hanno ancora tanta strada da fare sono soggette a variazioni di prezzo anche molto ampie.

La nostra formula è in grado di aiutarci a visualizzare e a comprendere meglio questo comportamento. Prendiamo il caso di una cedola fissa al 2% e realizziamo un grafico, dove sull’asse delle ascisse troviamo gli anni alla scadenza e sull’asse delle ordinate il prezzo dell’obbligazione, mentre le differenti linee si differenziano per il rendimento atteso.

Iniziamo subito notando come i rendimenti attesi maggiori della nostra cedola si trovino sempre sotto la soglia dei 1000€, il nostro prezzo di rimborso, mentre nel caso di rendimenti inferiori al 2% il prezzo è sempre maggiore di quello di rimborso. La spiegazione è tutto sommato intuitiva, se la nostra obbligazione fornisce una cedola inferiore a quello che il mercato si aspetta, il prezzo è inferiore a quello di rimborso per permettere agli investitori di avere un guadagno aggiuntivo.

Il secondo aspetto da notare è che il tempo restante alla scadenza dell’obbligazione ha un effetto di modulare gli effetti del rendimento r atteso. Obbligazioni che hanno una scadenza ancora lontana hanno un prezzo molto sensibile dal rendimento atteso, nel nostro esempio una scadenza residua di 30 anni porta ad avere una forbice dei prezzi incredibilmente alta (linea verticale rossa), superiore ai 2300€. Se il tempo alla scadenza è poco, allora questa variazione dei prezzi si riduce notevolmente, nel caso di 6 anni residui la finestra è di circa 500€.

La convessità della formula è leggermente accennata, le linee dei prezzi rimangono distanziate per molto tempo e soltanto negli ultimi anni curvano con maggiore decisione per convergere tutte nello stesso punto. Una curiosità che un occhio attento può notare è che le linee dei prezzi che hanno un alto rendimento atteso (quelle nella parte bassa del grafico per intenderci) hanno un andamento tendenzialmente orizzontale per la maggior parte del tempo, modificando la loro pendenza solo a ridosso della scadenza, mentre quelle con un rendimento basso (le linee nella parte alta del grafico) hanno l’effetto contrario, con una pendenza marcata per scadenze lunghe che si ammorbidisce alle scadenze più corte. È una caratteristica importante da conoscere, se una obbligazione quota sotto il suo valore nominale (1000€ nel nostro esempio), l’influenza del passare del tempo si fa sentire soprattutto quando mancano pochi anni alla scadenza, mentre se l’obbligazione quota sopra il valore nominale, il tempo influisce in modo marcato per tutto l’arco temporale.

Prezzi al variare del rendimento

Fino a qui spero che sia chiaro come si modifica il prezzo al trascorrere del tempo, ma sappiamo bene che il rendimento atteso (purtroppo) non è mai costante e tende a variare anche di molto nel corso degli anni, sotto l’influenza delle tante variabili che abbiamo elencato parzialmente in precedenza.

Nella figura 6 troviamo la formula del prezzo per le obbligazioni da un altro punto di vista, al variare del rendimento atteso e per diversi valori di anni alla scadenza. La convessità della nostra formula si ammira con maggiore chiarezza, con la scadenza a 30 anni che parte dalla cima del grafico per scendere velocemente verso prezzi più bassi, attraversa il valore nominale di 1000€ nel punto dove il rendimento atteso coincide con il rendimento della cedola, per poi allungarsi verso la parte inferiore. Se la distanza temporale dal rimborso dell’obbligazione si riduce, la linea dei prezzi assume toni meno marcati e si riduce la distanza dal valore di 1000€.

Figura 6 – prezzi al variare del rendimento

Come nel grafico precedente, la sensibilità del prezzo dal rendimento atteso è molto marcata per scadenze lunghe, mentre è solo accennata per scadenze piccole. Vediamo un paio di esempi per comprendere meglio cosa queste curve vogliono dirci.

Rendimento in diminuzione

Negli anni ’10 del nostro secolo, abbiamo assistito ad un ribasso continuo dei tassi di interesse, che hanno spinto alcuni Titoli di Stato europei a valori ben al di sotto dello zero. Ricordo quando erano arrivati a rendere lo 0%, tanti si interrogavano se avesse senso detenere in portafoglio simili obbligazioni, soprattutto se la tendenza era quella di vedere ulteriori ribassi del rendimento. Proviamo a lasciar fuori le sensazioni da simili valutazioni e chiediamo cosa ne pensino i numeri.

Nella figura 7 è stata inserita una freccia che indica la variazione di prezzo di una obbligazione a scadenza 20 anni, nel caso che il rendimento atteso passi da 0% a -1%. Il prezzo passa da 1400€ a 1668€, con un variazione del 19%! Sono risultati incredibili per una obbligazione, soprattutto per quelle che hanno un rating molto alto come le AAA! Anche obbligazioni che partono da rendimenti ben più alti ottengono risultati interessanti, per esempio la freccia rossa riporta la variazione dal 6% al 5%, con un guadagno del prezzo del 16%.

Figura 7 – variazioni di prezzo al diminuire del rendimento

Questo ci porta alla conclusione che in previsione di un ribasso generalizzato dei rendimenti attesi, sia più conveniente detenere in portafoglio Titoli di Stato ad alto rating e ad alta scadenza piuttosto che obbligazioni “High Yield” e con poca vita residua.

Rendimento in aumento

Visti con un certo timore, gli aumenti dei tassi di interesse sono un pensiero ricorrente nella mente degli investitori. Questo mi ricorda il celebre motto “l’Inverno sta arrivando” de “Il Trono di Spade”, dove la casa Stark del Nord non smetteva di prepararsi all’arrivo di un inverno eccezionale che avrebbe portato con sé la minaccia di un nemico sconosciuto.

Figura 8 – variazioni di prezzo all’aumentare del rendimento

Se le scadenze lunghe erano quelle favorite in caso di discesa dei rendimenti, ora diventano di riflesso quelle più penalizzate, con una riduzione di pari entità. Vediamo invece una scadenza più breve come quella a 5 anni, se l’aumento è del 1% assistiamo ad una riduzione del 5% per le obbligazioni ad alto rating (freccia nera) e del 4% per quelle “High Yield” (freccia verde).

L’intuito ci suggerisce di affidarci a Titoli di Stato sicuri in queste fasi di mercato, ma ancora una volta i numeri ci smentiscono: la convessità non mette nello stesso piano le obbligazioni, ma favorisce quelle che già partono da un rendimento più alto. Per difendere il capitale in questa fase di mercato, è preferibile avere in portafoglio obbligazioni con un rating non alto, come per esempio le Corporate “High Yield”, e soprattutto con una vita residua bassa, piuttosto che dei Titoli di Stato emessi da nazioni virtuose.

Caso pratico

La convessità delle obbligazioni è valida anche per chi investe in fondi obbligazionari come gli ETF. Un fondo è composto da un paniere di obbligazioni diverse tra loro per cedola, scadenza ed emittente, pertanto non è conveniente scrivere una formula che racchiuda tutte queste variabili. La statistica ci può essere di aiuto, poiché è sempre possibile fare una fotografia del paniere e calcolare i valori medi delle cedole e delle scadenze, anche se poi non rimarranno fissi nel tempo. Se stimare il comportamento di un ETF obbligazionario è una strada tortuosa da un punto di vista quantitativo, da quello qualitativo è fattibile e le linee guida individuate in questo articolo rimangono sempre valide.

In questo esempio vediamo due ETF, il primo con i Titoli di Stato tedeschi come sottostante, ticker SDEU, il secondo con titoli societari “High Yield”, ticker IHYG, entrambi dell’emittente iShares. Per prima cosa, in figura 9 sono riportate le variazioni di prezzo nell’ultimo anno di questi due ETF. Se vi chiedessi quale tra le due curve sia il Bund tedesco e quale il High Yield, penso che a caldo la maggior parte di noi risponderebbe che il Bund è la linea blu e linea rossa il High Yield. È sorprendente notare come invece SDEU sia la linea rossa, con una volatilità nettamente maggiore, apprezzabile anche ad occhio nudo, mentre IHYG abbia avuto un andamento più regolare e solo nell’ultimo periodo abbia seguito il ben più “rischioso” Bund!

Figura 9 – variazione dei prezzi di SDEU e IHYG (fonte justETF)

È un errore oppure c’è un trucco? Niente di tutto ciò, proviamo a disegnare le curve di prezzo al variare del rendimento atteso. Alla data in cui sto scrivendo, i dati di questi 2 ETF sono riportati nella tabella seguente.

 SDEUIHYG
Valore nominale1.000 €1.000 €
Cedola media ponderata1,19%3,50%
frequenza cedola all’anno11
Scadenza media ponderata9,143,99
rendimento atteso-0,01%5,25%
PREZZO1.110 €938 €

Ora questi dati li inseriamo nella formula del prezzo e disegniamo le due curve (figura 10).

Figura 10 – variazione dei prezzi per SDEU e IHYG

Le linee verticali riportano la posizione del rendimento atteso per i due ETF, mentre l’intersezione con la curva dei prezzi individua il valore attuale di questi due ETF. La curva di SDEU ha una pendenza molto marcata intorno al suo attuale rendimento, questo significa che piccole variazioni di rendimento atteso portano a ben più ampie variazioni di prezzo. IHYG, invece, si trova in una posizione dove la sua curva ha una direzione più orizzontale, pertanto i suoi prezzi hanno una sensibilità minore al rendimento atteso.

Conclusioni

Dopo tutto questo parlare di variazioni dei prezzi, cambi di rendimento atteso e di anni alla scadenza, l’idea che ci possiamo fare è che bisogna inserire in portafoglio l’obbligazione giusta al momento giusto, eventualmente gestendola attivamente in base al mutamento delle carte in tavola.

Però c’è una certezza che solo le obbligazioni possono dare, che alla scadenza il prezzo ritorna al suo valore nominale. A meno di default dell’emittente, chi compra una obbligazione e decide di portarla alla scadenza, può e deve ignorare le variazioni di prezzo, concentrandosi solo sulla distribuzione periodica della cedola.

Faites vos jeux!

Ringraziamenti

Con la scusa di cercare del materiale sugli specchi convessi, questo articolo è stata una buona occasione per scoprire il blog Didatticarte della professoressa Emanuela Pulvirenti. La ringrazio per il suo bel articolo Specchi convessi e riflessi d’arte che approfondisce la convessità e la sua implicazione nel mondo dell’arte.

Per questo mio articolo devo ringraziare Tyler, un ingegnere meccanico con una solida formazione in matematica, un profondo interesse personale per la finanza e gli investimenti e una grande abilità con Excel. Tra le migliaia di siti internet di finanza che ci sono in giro per il mondo, il suo Portfolio Charts è quello che mi ha veramente entusiasmato, con il suo personale stile narrativo, le abilità di vedere le cose da un altro punto di vista, la sua sensibilità verso i dati tipici di un ingegnere e le capacità di comunicare idee complesse a tutte le persone.

Questo articolo l’ho ideato dopo che scrissi una email a Tyler, a riguardo di un suo articolo sulla convessità delle obbligazioni, e la sua successiva risposta nella quale mi ha spronato a scrivere e pubblicare la mia idea su questo tema. Consiglio vivamente di leggere il suo articolo:

disponibile anche in lingua italiana: Profitti elevati a tassi bassi: i benefici della convessità delle obbligazioni.

Grazie a chi ha avuto la pazienza di leggermi fin qui e Buon Investing!



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